Nascita di Israele, la storia dimenticata degli ebrei dall’Italia
(Dall’Eco di Bergamo, Giovedì 22 Settembre 2005, scritto da Gianluigi Ravasio)

Un invito a commemorare e approfondire una pagina di storia che rischia di essere dimenticata, spesso drammatica e carica di sofferenza, ma eroica e ricca di risvolti umani: a sessant’anni dall’emigrazione clandestina degli ebrei dall’Italia e dall’Europa verso il nascente Stato d’Israele è necessario tornare a ricordare una vicenda che coinvolse circa 70 mila profughi ebrei che, dopo la seconda guerra mondiale e la tragedia dell’Olocausto, affrontarono il duro viaggio di ritorno verso la Palestina.
È l’appello lanciato a conclusione dell’incontro organizzato dall’Associazione Italia-Israele di Bergamo con Yosh Amishav sul tema «Il contributo dell’Italia alla nascita di Israele».

Amishav, nato in Belgio e residente in Israele dal 1975, è stato diplomatico dal 1981 al 1999: portavoce, tra l’altro, dell’ambasciata d’Israele prima a Parigi e poi a Roma (dal 1992 al 1994), del presidente Haim Herzog e di vari ministeri. Dal 1999 è direttore della Divisione comunicazione del Keren Hayesod-Appello unificato per Israele. «Gli anni dal 1945 al 1948 – ha esordito Amishav – costituiscono una pagina commovente della storia ebraica dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso quello che diventerà poi lo Stato d’Israele. Dopo la liberazione tutti festeggiano, tranne il popolo ebraico: molti non avevano più un posto dove tornare, in Europa decine di migliaia di persone non hanno più la possibilità di ritornare alle loro case e decidono di tornare verso la terra d’origine». Amishav ha, quindi, ripercorso le vicende storiche di quegli anni ricordandone gli episodi più significativi e sottolineando il diverso ruolo di italiani e inglesi nella vicenda. «La popolazione italiana – ha rimarcato il relatore – si è identificata nelle sofferenza degli ebrei innanzitutto per un motivo umano, hanno capito la sofferenza di queste persone e si identificavano con il loro desiderio di tornare alla loro terra. Erano persone che tornavano dall’inferno e volevano crearsi una nuova vita. C’era la volontà di aiutarli forse anche per la vergogna riguardo a ciò che il fascismo aveva fatto loro. L’Italia aiutava, inoltre, i profughi perché in quella condizione di caos e povertà aveva interesse a fare in modo che queste persone non rimanessero sul proprio territorio. Del resto gli italiani in quel periodo avevano altro a cui pensare; erano, comunque, costretti a tener conto del fatto che gli inglesi controllavano i porti italiani». Ciononostante, ha ricordato Amishav, la popolazione italiana e diversi esponenti politici e di governo aiutarono in vario modo i profughi ebrei: «Ci fu una complicità buona dell’Italia; Israele è alleato fedele per ciò che di buono il vostro Paese ha fatto».

Dal ’45 al ’48 partirono 40 navi dall’Italia verso il futuro Stato d’Israele con a bordo un totale di 25 mila persone; complessivamente, grazie all’emigrazione clandestina, furono 70 mila gli ebrei che, partendo dall’Europa, riuscirono a tornare in patria. «Dal 2005 al 2008 – ha concluso Amishav – ricorre il 60° anniversario di questa vicenda: è un anniversario che dovrebbe essere ricordato e celebrato; anche nelle vostre zone sono passati molti profughi diretti verso le navi che li avrebbero riportati in patria. È una vicenda da non lasciare cadere nel buio: è una storia di amicizia tra il popolo italiano e Israele».

Alla serata ha partecipato anche il presidente nazionale dell’Associazione Italia-Israele, Andrea Jarach: «Queste pagine di storia – ha osservato – costituiscono un patrimonio che rischia di andare perduto. Occorre mantenerlo vivo: è un periodo cruciale per la storia d’Italia e per la nascita di Israele; sono due popoli che hanno lavorato insieme e si sono uniti con spirito di amicizia».

Durante la serata l’Associazione Italia-Isralele di Bergamo ha annunciato la preparazione di un Cd per le scuole con una raccolta di materiale e di testimonianze di persone scampate all’Olocausto e con la vicenda della colonia Sciesopoli di Selvino che accolse un gruppo di bambini in viaggio verso la Palestina.

(Gianluigi Ravasio)

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