[codepeople-post-map]

Salonicco nel 1941 era una città occupata dalle truppe naziste ed ospitava la più grande comunità di ebrei sefarditi al mondo, oltre 50 mila, forse 56 mila persone.
In tutta la Grecia vivevano poco piu’ di 77 mila ebrei. Salonicco era la più grande Comunità Ebraica d’Europa e vantava il titolo di Gerusalemme dei Balcani.
Salonicco fu ridotta al silenzio dai tedeschi che, entrati in città il 9 aprile del 1941, chiusero i giornali, svaligiarono archivi e biblioteche e demoliroono 14 delle 32 sinagoghe. Soltanto 1.950 ebrei camparono all’olocausto.

Un museo a Salonicco custodisce la memoria di un così tragico passato, per ricordare la scomparsa di un’intera comunità.
Poi c’è un monumento di ferro con una targa che dice: «Dedicato dal popolo greco alla memoria dei 50 mila ebrei-greci di Salonicco deportati dalla loro città natale dalle forze di occupazione naziste nella primavera del 1943 e sterminati nelle camere a gas dei campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau».

Guelfo Zamobini nel febbraio del 1942 è console italiano proprio a Salonicco nella zona greca occupata dai tedeschi.
Per alcuni mesi il console riesce ad evitare che gli alleati trattino gli ebrei della città come nei mesi precedenti avevano trattato gli ebrei polacchi e ucraini.
Ma agli inizi del 1943 è costretto a limitarsi alla protezione degli ebrei italiani, dopo che Eichmann ha mandato il suo vicario ad Atene per la deportazione della comunità di Salonicco. Zamboni organizza una tradotta che parte da Salonicco nella notte del 15 luglio, consentendo la fuga degli ebrei italiani verso Atene. E fa carte false – letteralmente – affinché sul treno della salvezza salgano anche varie decine di ebrei che italiani non erano affatto, ma a cui il console aveva riconosciuto la cittadinanza con il pretesto di chissà quali legami familiari. Per strapparli alla deportazione, Zamboni scrive numerosissimi telegrammi al Ministero degli Esteri, sveglia nel pieno della notte il capo della rappresentanza italiana e riesce a procurare documenti di identità falsi a 280 ebrei per raggiungere Atene, situata nella zona d’occupazione italiana, permettendo loro di sfuggire al controllo tedesco e quindi alla deportazione. A guerra finita, gli ebrei greci erano rimasti 10 mila.
Guelfo Zamboni muore nel 1994 a Roma.

Guelfo Zamboni    Lucillo Merci

L’operato di Zamboni viene descritto da un suo collaboratore, Lucillo Merci, in un diario che è stato ripreso da Daniel Carpi, storico israeliano di origini italiane.

La vicenda è raccontatata anche nel libro “Gli ebrei italiani di Salonicco-1943” curato da Antonio Ferrari, inviato del Corriere della Sera, Alessandra Coppola, docente di storia all’Universita’ di Padova, e Jannis Crisafis, giornalista del quotidiano Kathimerini e pubblicato a cura dell’ambasciata d’Italia ad Atene.

Vedi un filmato sulla deportazione delle ebrei di Salonicco e su Guelfo Zamboni.

Translate »