Per gentile concessione dell’autrice e dell’editore, pubblichiamo il saggio di Valeria Dani dedicato al recupero della memoria di Sciesopoli: La colonia fascista di Sciesopoli: trasformazione e abbandono
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Il saggio fa parte del volume: “DP camp IT 82: Cremona. Arrivo e partenza traiettorie, incroci, vite, storia”, Atti della Tavola rotonda Cremona, 28 gennaio 2017, a cura di Roberta Aglio e Monica Feraboli, Cremona, Fantigrafica, 2017.  
Per acquistare la versione cartacea rivolgersi alla:
Biblioteca del Seminario Vescovile, via Milano 5, 26100 Cremona
Tel. 0372458289 – Email: biblio.seminario@gmail.com

Sciesopoli nel 1934

<<… La domanda che mi sono posta, e che pongo a voi, è questa: al di là di un’estetizzazione, che di certo non è al centro del mio intervento, in quale misura il discorso ontologico sulle rovine riguarda l’edificio di Sciesopoli?
L’aiuto più consistente per una possibile risposta proviene dal filosofo novecentesco che, come una costante, occupa da anni il mio percorso accademico: Walter Benjamin. Ebreo tedesco di straordinaria densità teorica, perseguitato dal nazismo e morto suicida nel tentativo di scampargli, Benjamin pone al centro di molte delle sue riflessioni filosofiche l’ambiguità dell’oggetto-rovina in una dimensione, io credo, perfettamente affine alla vicenda dell’edificio Sciesopoli nel nostro presente.
Semplifico per motivi di spazio, ma basti ricordare che sia nei “Passages di Parigi” (scritti tra il 1927 e il 1940) sia nelle fondamentali “Tesi di filosofia della storia” del 1940, le rovine incarnano l’ambivalenza e l’oscurità del moderno. Redimere gli orrori della storia e le sue rovine martoriate, secondo il filosofo:

“non è un compito che viene assunto e garantito dalla divinità o dalla storia dell’umanità (quasi che tali orrori fossero stati necessari a un miglioramento o all’approdo di una qualche beatitudine collettiva) […]. In Walter Benjamin, l’unica redenzione possibile è quella offerta dalla memoria: solo serbando il ricordo delle vittime, e perciò testimoniando della loro dipartita, dell’insensatezza della loro sconfitta e delle loro sofferenze , si può interrompere il giogo del “tempo mitico” dei vincitori, ovvero la visione della Storia ufficiale che resta ancora all’ipotetico e incontrovertibile “dato di fatto” escludendo l’ambito delle “possibilità non date”. Per questo, il fulcro essenziale delle sue tesi è l’inversione del tradizionale rapporto tra passato e presente: se solitamente abbiamo sempre concepito il presente come la risultante di un flusso di eventi che proviene dal passato, Benjamin concepisce il passato come l’altra faccia del presente, derivante e prodotto da esso. È il presente che genera dal suo interno il proprio passato, e il passato non può sussistere indipendentemente da un presente che lo testimonia e lo redime (Cfr. Alfieri, Alessandro. L’Angelus Novus: l’angelo redentore di Walter Benjamin. Tempo messianico e immagine dialettica, 17 aprile 2012, <http://www.fucinemute.it/2012/04/langelus-novus-langelo-redentore-di-walter-benjamin> [visitato il 12/01/2018]).
allenamento ginnico sciesopoliÈ necessario, dunque, rivolgere la nostra attenzione a oggetti che la storia ufficiale reputa non degni della nostra attenzione, al fine di liberarli dalla marginalizzazione, per riscattarli e rivelarne il loro valore etico e politico. Scrive Walter Benjamin nella sua sesta tesi di filosofia della storia:

“Articolare storicamente il passato non significa conoscerlo come propriamente è stato. Significa impadronirsi di un ricordo come esso balena nell’istante di un pericolo. Per il materialismo storico si tratta di fissare l’immagine del passato come essa si presenta improvvisamente al soggetto storico nel momento del pericolo. Il pericolo sovrasta tanto il patrimonio della tradizione quanto coloro che lo ricevono. Esso è lo stesso per entrambi: di ridursi a strumento della classe dominante. In ogni epoca bisogna cercare di strappare la tradizione al conformismo che è in procinto di sopraffarla. […]
Solo quello storico ha il dono di accendere nel passato la favilla della speranza, che è penetrato dall’idea che anche i morti non saranno al sicuro dal nemico, se egli vince. E questo nemico non ha smesso di vincere.” (Cfr. Benjamin, Walter. Tesi di filosofia della storia, Torino 1995, pp. 77-78.).

1933-06-14 Disegno di Sciesopoli per inaugurazione

Per molti versi, oggi, ci troviamo a vivere durante quello che Walter Benjamin chiama momento del pericolo ed esso adotta forme molteplici: dallo spettro del neofascismo che serpeggia nelle maglie del populismo in Europa e negli Stati Uniti, alla minaccia di un mai morto antisemitismo. Ma riflettiamo anche, e questo è vero soprattutto rispetto all’edificio Sciesopoli, sulla natura conformista e annichilente dell’oblio neoliberale e capitalista, che tenta di annullare il vecchio (considerato obsoleto) e la memoria storica consegnandoli all’incuria e al silenzio.>> (Cfr. Valeria Dani, “La colonia fascista di Sciesopoli: trasformazione e abbandono”, pp. 43-44). 

bandiera di Gordonia a Sciesopoli nel 215

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