Agli inizi di luglio del 1945 la colonia dell’Opera Pia Bergamasca di Piazzatorre ospitò i primi ragazzi ebrei sopravvissuti alla Shoah e alla guerra, che erano stati raccolti dalla Brigata Ebraica nei diversi campi profughi.
Da metà giugno a metà agosto del 1945, da Bolzano e da Tarvisio giunsero in Italia circa 15 mila ebrei.

1945 Piazzatorre colonia bambini ebrei con Marcello Cantoni

Foto per gentile concessione di Manuela e Mara Cantoni: il dottor Marcello Cantoni (nato il 24 maggio 1914 e morto il 7 marzo 2003), fondamentale aiuto della comunità ebraica milanese, insieme con i piccoli bambini ebrei a Piazzatorre, forse per una festa.

Marcello Cantoni ritratto del 1952 pera di Walter MolinoDurante la lotta partigiana, Marcello Cantoni fu medico della 89a Brigata Garibaldi “Poletti” che operò sulla Grigna nel lecchese. Poi si rifugiò in Svizzera dove incontrò spesso Raffale Cantoni, del quale non era un parente. Ai primi di maggio del 1945 Marcello divenne vice commissario straordinario della Comunità Israelitica di Milano e collaborò all’Alyà Bet (l’immigrazione illegale verso la Palestina). Poi svolse numerosi incarichi e fu presidente della Comunità di Milano.
Proprio il dottor Marcello Cantoni, in assenza di Raffaele Cantoni, a fine estate del 1945, siglò con Luigi Gorini il contratto perché la colonia di Sciesopoli ospitasse i bambini ebrei profughi dai lager e raccolti da ogni angolo dell’Europa dalla Brigata Ebraica.

A Piazzatorre c’erano due colonie alpine, ancora oggi visibili, ma in grave stato di abbandono, come è la colonia di Sciesopoli.
La colonia più piccola, comunemente chiamata Colonia Bergamasca e la Colonia Genovese, molto grande su 4 piani, che poteva ospitare sino a mille ragazzi, inaugurata nel 1928 ad opera della Federazione fascista di Genova.
Questa colonia, caratterizzata da un edificio enorme, anticipa di cinque anni la colonia altrettanto grande di Sciesopoli a Selvino. C’era una competizione tra le federazioni fasciste, in questo caso tra Milano e Genova.
La Colonia Bergamasca dell’Opera Bergamasca per la salute dei fanciulli venne inaugurata nel giugno del 1903. Aveva 25 letti, 12 docce con lavanderia e infermeria. Funzionò sino all’anno 1998 e poi fu ceduta nel 2002.

Raffaele Cantoni sulla nave Fede con Matilde CassinPer oltre due mesi, da inizio di luglio del 1945 sino alla fine di settembre del 1945, la colonia bergamasca di Piazzatorre accolse i bambini ebrei orfani sopravvissuti alla Shoah, su richiesta al Governo Alleato e al CLN di Milano da parte di Raffaele Cantoni (1896-1971) della comunità ebraica milanese.
Tra i più importanti educatori della colonia vi fu Matilde Varadi Cassin (1921-2006), amica e infaticabile collaboratrice di Cantoni, che poi svolse la sua preziosa opera anche a Sciesopoli, la grande colonia di Selvino.

Oltre alla Cassin, nella colonia dei ragazzi ebrei di Piazzatorre collaborarono importanti personaggi che poi ritroveremo a Selvino:

– Reuven Donath, un soldato della Brigata Ebraica, la stessa di Moshe Ze’iri, insegnante di sport e scoutismo. Ancora adolescente, a Tel Aviv era stato istruttore di giovani esploratori. Parlava bene l’italiano, che aveva studiato al Ginnasio Balfour, e fungeva da interprete della compagnia. Quando il comandante della compagnia, Dov Chaimovitz, gli propose di aiutare a organizzare il campo dei bambini a Piazzatorre, egli accettò con entusiasmo. Ne aveva abbastanza dell’inattività della base, dell’inutile vagabondare per la città tra soldati di ogni nazionalità, fra i profughi o nei club.

– La dottoressa Kissin e il dottor Peretz, giunti a in via Unione 5 a Milano dai campi di sterminio. Stavano aspettando i certificati di immigrazione che avrebbero consentito loro di partire per la Palestina, ma i certificati ritardavano. Allora il Centro della Diaspora li mandò a Piazzatorre. La dottoressa Kissin vi andò con la figlia di sei anni. Suo marito, che era stato il direttore del Ginnasio ebraico di Kovno, era stato ucciso a Dachau. Lei aveva nascosto  la figlia più grande, una ragazza di quindici anni, presso una famiglia di lituani poiché con i suoi capelli biondi non aveva l’aspetto di un’ebrea; a quest’ultima alla fine della guerra, era stato assegnato uno dei mille certificati riservati ai giovani immigranti, ed era già partita per la Palestina. Pessia e la figlia più piccola erano state nel campo di concentramento di Stutthoff, dove lei aveva lavorato come medico ed entrambe si erano salvate.

Il dottor Peretz anch’egli proveniente dalla Lituania, era stato liberato da Dachau e i russi lo avevano mandato a lavorare come medico nei campi di prigionia in Ungheria. Sua moglie era da qualche parte in Russia ed egli non sapeva che cosa le fosse accaduto, né conosceva la sorte del figlio di nove anni che era stato nascosto in casa di lituani. I soldati avevano poi fatto fuggire Aharon Peretz dall’Ungheria portandolo prima in Austria e poi in Italia dove fu inviato alla colonia dei ragazzi ebrei di Piazzatorre e quindi di Selvino.

– Eugenia Cohen di Milano, quando lei aveva ventidue anni circa un anno prima della Liberazione, i tedeschi avevano arrestato e deportato i suoi genitori a Bergen-Belsen. Suo fratello era stato ucciso dai fascisti in strada mentre faceva la fila per le sigarette. Lei era riuscita a fuggire e a nascondersi in un villaggio. Quando la guerra finì, tornò a Milano e si recò negli uffici della comunità, dove si offrì per aiutare i profughi. Da qui fu mandata a lavorare per i bambini nel campo di Piazzatorre.

Così si ricorda nel libro sui Bambini di Selvino scritto da Aharon Megged: “A ripulire la casa Sciesopoli di Selvino, furono tra i primi i ragazzi della ‘banda di Magenta’ e i bambini giunti dalla casa troppo piccola e fredda di Piazzatorre.”  
Verso la fine di settembre del 1945 i ragazzi si trasferirono a Selvino nella colonia di Sciesopoli.

1945 Piazzatorre colonia bergamasca

————————————————————

Galleria di cartoline e foto storiche di Piazzatorre e delle sue colonie



Storia dell’Opera Bergamasca per la salute dei Fanciulli

Nasce nel 1862 col nome di “Comitato Scrofolosi” ad opera del primo Sindaco di Bergamo, il Senatore Gian Battista Camozzi Vertova, che la presiederà fino al 1906, con lo scopo di raccogliere elargizioni, pubbliche o private, da destinare alle cure elioterapiche dei fanciulli poveri di Bergamo colpiti dalla Scrofolosi, una infezione a decorso benigno delle ghiandole linfatiche del collo dovuta al batterio della tubercolosi che colpiva soprattutto i bambini e i fanciulli in età scolare, i quali venivano così fatti soggiornare presso le colonie marine di Venezia e Milano.
Il successo terapeutico di questa iniziativa comportò in poco tempo un grande incremento di affluenza, tanto da portare il Comitato alla decisione di realizzare un proprio stabilimento in riva al mare, e successivamente, dal 1903, nella località montana bergamasca di Piazzatorre.

Nel 1889 il Comitato Scrofolosi diventa “Opera Bergamasca per la Salute dei fanciulli” assumendo il carattere di Ente Morale con Decreto Reale del 17 Novembre.
Con il supporto dell’Amministrazione Comunale e di molti altri benefattori, viene inaugurata nel 1895 la Colonia Bergamasca di Celle Ligure–Varazze, acquistata ufficialmente il 29 Aprile 1892 con la firma del conte bergamasco Teodoro Frizzoni.

Al pagamento delle rette dei fanciulli che usufruivano delle cure, si aggiunse presto la gestione diretta del servizio la cui direzione fu affidata alle Suore Orsoline di Somasca, ospitando fino a 1000 ragazzi dai 5 ai 12 anni per turni di un mese nei mesi estivi e, dal 1927 al 1998, anno di chiusura della Colonia, 300 bambini dai 4 ai 12 anni per ogni turno di due mesi durante inverno e primavera, con regolare attività di scuola materna ed elementare al suo interno, grazie anche alle sovvenzioni della Società Italcementi di Bergamo che permise la realizzazione di due nuovi padiglioni, uno nel 1928 e uno negli anni ’50, portando la struttura ad avere ben 6 padiglioni con 570 posti letto.
Con il miglioramento delle condizioni socio-economiche delle famiglie che fa seguito alla ricostruzione post-bellica, gradualmente cambiano anche le possibilità e le abitudini, e la prassi delle colonie viene progressivamente abbandonata, lasciando il posto alla vacanza per l’intero nucleo famigliare come oggi la conosciamo, venendo meno così la necessità di utilizzare le strutture delle colonie che troveranno parzialmente altre destinazioni d’uso.
Dopo la dismissione dei soggiorni climatici vennero parzialmente utilizzate da altri enti fino al 2004, nonché dagli studenti e docenti del Centro formazione turistico alberghiera Elio Miretti di Varazze dal 1999 al 2007, per essere definitivamente vendute nel 2009 ad opera della Fondazione Azzanelli Cedrelli Celati e per la Salute dei Fanciulli, di cui l’Opera Bergamasca costituisce membro fondatore dal 2004.

http://www.fondazioneazzanellicedrelli.it/opera_bergamasca_per_la_salute_dei_faciulli.php
——————————————————————

  Colonia Bergamasca di Piazzatorre oggi  Colonia Bergamasca di Piazzatorre oggi
Colonia Bergamasca di Piazzatorre oggi Colonia Bergamasca di Piazzatorre oggi

La Colonia Bergamasca
Notizie tratte dal libro “Gente di Piazzatorre” di Ermanno Arrigoni, Tarcisio Bottani, Felice Riceputi, edito a cura del Comune di Piazzatorre, 2006.

La bellezza di Piazzatorre, le sue montagne e l’aria salubre furono i motivi che convinsero l’Opera Bergamasca per la salute dei fanciulli ad erigervi un fabbricato per raccogliere nella stagione estiva un centinaio di ragazze e ragazzi per i quali la gracile costituzione e lo stato di anemia richiedeva la cura climatica.
L’Opera Bergamasca diede del proprio £ 6500, la Cassa di Risparmio di Milano elargì £ 10.000 e la società degli Antichi Originari di Piazzatorre concesse gratis la presa della buonissima acqua potabile.
Scriveva il Dottor Bonandrini nel giugno del 1903 sull’Alta Valle Brembana:
“Il fabbricato, eretto dalla ditta Testa e Passera su progetto degli ing. Fusier Oberto e Gaetano Carminati di Bergamo, sorge nel centro del paese, vicino alla frazione Ca’ Montani e consta di un corpo centrale con due ali della lunghezza complessiva di 69 m. Il corno ha l’altezza di m. 13 per 15 di profondità, e contiene la cucina e le stanze per la Direzione ed Amministrazione, più una grande sala che in caso di bisogno potrà adibirsi a dormitorio. È tutto in muratura e per mezzo di due terrazze è congiunto alle ali, ognuna delle quali è alta 8 m. e lunga 23, e sono costruite parte in muratura, parte in legname. Al piano inferiore vi è il refettorio ed al superiore i dormitori, uno per ala, ciascuno dei quali potrà comodamente contenere 25 letti.
L’impianto per la distribuzione dell’acqua fatto dalla ditta Busconi di Bergamo fornisce l’acqua in ogni locale, e vi sono 12 docce e bagni. L’illuminazione ad acetilene impiantata dalla ditta Sibella nulla lascia a desiderare. A lato dello stabilimento sorgono la lavanderia e l’infermeria” (da “L’Alta Valle Brembana” – Piazzatorre, giugno 1903, dottor Giuseppe Bonandrini).
L’inaugurazione venne fatta nel giugno del 1903 da una comitiva di ragazze che prime vennero a godervi i benefici di tanta oculata provvidenza e generosità.
Durante l’epoca fascista, sull’onda della politica di organizzazione di massa del regime, si moltiplicarono le colonie montane.
A Piazzatorre, oltre a quella già esistente, venne costruita una grande colonia intitolata a Mussolini.

=====================
La Colonia Genovese
Un’altra grande colonia fu costruita durante il fascismo e venne dedicata a Mussolini, veniva chiamata “la Colonia di Genova” voluta e inaugurata sabato 4 agosto 1928 dalle autorità fasciste di Genova. Era molto grande e nel 1942-1943 ospitò anche 400 giovani “della Gioventù di Hitler” provenienti dalla Germania.
Fu anche sede di truppe italiane, tedesche e “mongole”, ossia dei soldati russi che erano stati aggregati all’esercito tedesco con compiti di supporto e spesso di rappresaglia. Infatti erano soldati spesso molto violenti e litigiosi, che parteciparono ai rastrellamenti in Valtellina, Valtaleggio e zone limitrofe.

La Colonia Genovese divenne un preciso punto di riferimento nella storia e nella vita sociale di Piazzatorre. L’imponente edificio (lungo 61 metri, largo 23 e composto da quattro piani oltre al sottotetto) fu considerato all’epoca della costruzione una struttura modello nel suo genere. Nel seminterrato erano ubicati i magazzini; al piano terreno le sale di ricevimento e gli uffici di rappresentanza, il refettorio, la cucina e i locali di servizio; al primo piano i dormitori per i ragazzi, le camerette per gli ufficiali; al secondo piano altri dormitori e, nel sottotetto del corpo centrale, strutturato a mansarda, ancora dormitori e l’infermeria.
Circondata da un’ampia pineta e da ben 1200 metri quadrati di prato, la colonia fu voluta dalla Federazione fascista di Genova che la destinò ad accogliere i soggiorni estivi dei ragazzi della città ligure.
Progettato dagli ingegneri Vassalli e Fumagalli, l’edificio fu costruito a partire dalla primavera del 1927 dall’impresa di Santo Bonetti di Piazzatorre e fu ultimato nell’estate del 1928.
Così don Manzoni, con il suo solito stile colorito e polemico, ricostruisce nel Chronicon parrocchiale le fasi che precedettero e accompagnarono la nascita dello storico edificio.
“Ai primi di ottobre del 1926 una compagnia di grossi papaveri genovesi si era portata in Valle Brembana in cerca di un posto per erigere una colonia e portare ai monti i loro balilla. So di certo che prima erano andati in Val Taleggio dove avevano trovato magnifico il posto, buona e abbondante l’acqua, ma mancava la pineta. Poi questa commissione era andata ad Oltre il Colle, era difficile trovare terreno. A Roncobello lo spazio era troppo ristretto. A Branzi, peggio. Di ritorno da questi luoghi si fermarono a Piazza per ristoro. Fu qui che parlarono con il capoccia della valle, il fascista Santo Bonetti. Era il giorno di mercato, molta gente vi era convenuta dai paesi del mandamento e tra questi non poteva mancare il podestà di Piazzatorre il geom. Giuseppe Bianchi ed il segretario politico Filippo Cilvetti ai quali il sig. Sonetti non mancò di riferire la cosa e subito i genovesi in macchina raggiunsero Piazzatorre. Eccoli in cima al paese sotto la pineta detta Taiada. Subito il podestà si impegna a spese del Comune a comperare il fondo di proprietà Calvetti e a dare legna per fare calce, assegnare il posto per lo scavo delle pietre e offrire il legname sia per fare i ponti sia per le travi del tetto.
I lavori iniziarono nella primavera del 1927 e a giugno del 1928 l’edificio era pronto. I lavori furono diretti da un capomastro di Mapello, ma sotto la dipendenza di Santo Bonetti. Ad opera ultimata erano avanzati quintali di calce e legname in quantità che il Bonetti usò gratis per costruire la villa a sinistra della colonia e la villa del sig. Felice Dell’Acqua, trecento metri più sotto, in più mandò calce e legname quasi sufficiente per costruire il palazzo comunale e la Pretura sul colle San Martino, sopra la prepositurale.
La spesa per i genovesi fu di ben poca cosa: a loro costò di più l’arredamento”.
La solenne inaugurazione della Colonia Genovese, come fu subito battezzata dai locali, in barba alle varie denominazioni successive che vedremo più avanti, ebbe luogo il 4 agosto 1928, alla presenza delle massime autorità bergamasche e liguri e con il contorno di ben 800 balilla genovesi che erano arrivati a Piazzatorre il 23 luglio. La cronaca della giornata, riferita con ampi particolari da L’Eco di Bergamo, elenca tra le autorità presenti il federale di Genova Negrotto di Cambiaso e i componenti della Federazione al completo, il viceprefetto e il segretario federale di Bergamo, diversi alti gerarchi della città e numerosi podestà e segretari del fascio della Valle Brembana a fare gli onori di casa, il podestà Giuseppe Bianchi e il segretario del fascio Filippo Calvetti che ricevettero gli ospiti davanti al municipio. Qui si formò un lungo corteo fino alla colonia, dove i convenuti e i balilla presero posto nell’ampio prato antistante. Il cappellano della colonia benedisse l’edificio, quindi pronunciò un breve discorso, seguito dagli interventi dell’arciprete di Piazza don Giovanni Maria Donzelli, cappellano militare di chiara  fede fascista, e del marchese Negrotto. Durante il successivo banchetto ufficiale, si susseguirono altri interventi, tra cui quello del segretario politico Calvetti.
Il tono dell’articolo è solenne e ossequioso e sottolinea l’aria di festa che accompagnò tutta la cerimonia, soprattutto grazie alla vivace presenza dei ragazzi.
La vita della colonia negli anni successivi e fino allo scoppio della guerra è descritta ancora da don Manzoni (il quale, pur essendo all’epoca parroco di Piazzatorre, non sembra aver avuto alcun ruolo nella cerimonia di inaugurazione).
“Ma ora viene il bello! Ecco giungere da Genova nel mese di luglio del 1928 mille balilla dagli otto ai dodici anni, guidati da trenta e più ufficiali con a capo un maggiore, assistiti da duecento e più sottufficiali. Ogni mese un via vai di un nuovo turno di balilla. Il servizio per il rancio, la pulizia dei piatti, delle camerate e dei dormitori era fatto dalle figliole di Piazzatorre, di Genova e di altri paesi. Ciò che vidi e che sentivo lo lascio nella penna o nella testa di chi sa pensare e comprendere. Era pericoloso sporgersi, peggio protestare. Impossibile impedire alle figliole di andare e purtroppo loro stesse aspiravano a questo servizio. Quanta impazienza! Vi era sì il cappellano, ma sia per la qualità (tutti bardati fascisti), sia per il posto della loro mansione, facevano o potevano fare ben poco.
Questa ressa di mille per turno continuò per tre anni, poi per igiene e per comodità nel 1931 si iniziò un turno di soli 600 per volta. A onor del vero con il comandante e con gli ufficiali ebbi sempre buon affidamento, ma il tormento ed il guaio furono con i sottufficiali e gli assistenti. Molti, con prove alla mano, furono spediti a Genova; ma se era dato loro sospettare che dietro c’era il parroco, erano lettere minatorie, insulti e bestemmie alla mia persona. Mai nessuno dei miei parrocchiani insorse per la mia difesa, anni dovevo essere molto cauto e prudente a correggere le figliole”.
Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale la colonia cominciò a ospitare, oltre a ragazzi e giovani di diversa età, anche soldati italiani e stranieri.
Nel 1940 arrivarono circa seicento militari italiani in attesa di essere trasferiti in zona d’operazione sul fronte francese. L’anno dopo fu la volta di un gruppo di figli di famiglie italiane sfollate dalla Libia e nel 1942 arrivarono ben 400 ragazzi della Hitlerjugend, d’ambo i sessi e poi ancora bambini genovesi.
Alla storia della colonia sono però legate soprattutto le vicende che la videro protagonista nel 1944, in concomitanza con la presenza di 450 militari di nazionalità sovietica, genericamente chiamati cosacchi.
In realtà costoro avevano fatto parte di una divisione di soldati dell’Armata Rossa sovietica, al comando del generale Vassow, che nel 1941, dopo l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica, erano stati fatti prigionieri dai tedeschi e quindi avevano scelto di tradire il regime stalinista e si erano schierati a fianco dei nazisti. Si trattava in particolare di soldati delle diverse nazionalità sottoposte alla dittatura sovietica: kazaki (cosacchi), ucraini, intingoli, georgiani e soprattutto azerbaigiani che dopo la diserzione erano stati arruolati in un corpo militare di supporto all’esercito tedesco. All’inizio del 1944 alcuni reparti di questi soldati erano stati inviati in Italia dove svolgevano attività di supporto alla truppe nazifasciste e venivano usati nelle operazioni di rastrellamento contro le formazioni partigiane, segnalandosi per le efferate crudeltà e le violenze commesse contro i civili.
Anche a Piazzatorre, come abbiamo visto parlando della seconda guerra mondiale, i cosacchi rivelarono la loro natura violenta e senza scrupoli e gli stessi tedeschi dovettero più volte intervenire in modo drastico per punire episodi di insubordinazione. Le testimonianze da noi raccolte (riportate nella sezione intitolata “Come eravamo”) sono concordi nel sostenere che la colonia fu teatro di fatti di sangue, scatenati dalle furibonde risse che scoppiavano tra questi ospiti rozzi e violenti, e forse per le fucilazioni sommarie di cosacchi da parte della squadra di punizione tedesca; sembra anzi che alcuni cadaveri siano stati sotterrati nel prato antistante l’edificio.    Una precisa testimonianza in tal senso ci viene fornita da Giuseppina Arioli, figlia dell’allora custode della colonia, Eugenio Arioli: “Durante la guerra mio padre si recava tutti i giorni nella casetta attigua alla colonia per svolgere la sua attività di custode, però alla sera tornava a casa. Non ci ha mai portato con lui, anzi, ci raccomandava continuamente di tenere ben chiusa la porta di casa perché i cosacchi erano spesso ubriachi e rubavano tutto quello che trovavano. Io all’epoca avevo dieci anni e ricordo che spesso scoppiavano delle risse tra questi soldati; una sera al termine di una rissa sentii numerosi spari e il giorno dopo seppi da mio padre che c’erano stati quattro o cinque morti e che i loro cadaveri erano stati sepolti nel prato vicino alla cabina elettrica che sorgeva dietro la colonia”.
Anche don Madaschi descrive a fosche tinte questa “gente senza religione e senza costumi, violenti e rapaci. Fu specialmente durante la permanenza di costoro che successero scandali e ruberie non mai registrati negli annali della parrocchia. Basti dire che la villa del signor Lombardini, prospiciente la chiesa parrocchiale, venne adibita dal Comando tedesco a casa di pubblico peccato. Il parroco stesso era tenuto d’occhio e minacciato ogni qualvolta nell’esercizio del suo ministero avesse fatto anche solo lontanamente cenno a quanto succedeva. Per ben tre volte in massa partirono con i Tedeschi per combatterei partigiani in Valtellina, in Valtaleggio e altrove e là saccheggiarono e derubarono gli abitanti e le chiese e tornarono a Piazzatorre con il bottino e nei giorni seguenti per il paese e fuori a vendere ogni cosa, compresi oggetti sacri, per fare soldi e darsi poi al vizio. La loro partenza fu un sollievo generale”.
Da altre fonti conosciamo alcune imprese nefaste di questi cosacchi di Piazzatorre; sappiamo che parteciparono il 27 giugno 1944 ad un rastrellamento in Val Taleggio; fu un’azione in grande stile cui parteciparono circa 1.200 uomini. Le forze nazifasciste conversero su Taleggio da diverse parti: lungo la provinciale della Val Brembilla una colonna puntò prima su Peghera e poi su Olda; dal culmine San Pietro scesero verso Vedeseta dei fascisti provenienti da Lecco; da San Giovanni Bianco, attraverso l’orrido, salì il grosso delle truppe autotrasportate, puntando su Sottochiesa e Pizzino; e infine una colonna di circa 200 cosacchi da Piazzatorre, dopo aver superato il passo di Baciamorti, scese verso Pizzino. Qui, con le loro rappresaglie, seminarono il panico, a gara con fascisti e tedeschi nel commettere atti di vandalismo e di terrore. Come testimonia Cleto Baroni nelle sue memorie, violentarono anche due ragazze”.
“Purtroppo durante tale periodo – continua il parroco nel diario del Chronicon – non mancarono tra gli abitanti locali, specie donne e ragazze, che se ne valsero dell’occasione per tenere una condotta che fu di pubblico scandalo. Riprovevole fu l’avidità ed il contegno di tanti genitori che per fare soldi accettarono di mandare le proprie figliole in servizio nella colonia ove risiedevano i cosacchi.”

Dopo la guerra la colonia ospitò per qualche tempo 450 allievi della Scuola del Corpo Forestale dello Stato.
Poi fu assegnata al Comune di Genova che continuò per diversi anni a mandarvi i ragazzi della città.
Negli anni Sessanta fu l’ltalsider di Genova a farne sede dei soggiorni estivi dei figli dei propri dipendenti, quindi verso la metà degli anni Settanta l’edificio fu affittato dall’Opera Bergamasca che lo utilizzò in sostituzione della propria colonia costretta a chiudere. Quindi, negli anni Ottanta il complesso entrò in possesso della Regione Lombardia e continuò ad essere usato come colonia ancora per un decennio, poi negli anni Novanta fu definitivamente chiuso. La colonia è stata infine acquistata, all’inizio di questo secolo, dal comune di Piazzatorre intenzionato a trasformarla in struttura di ricettività turistica, nella speranza, ovviamente, che le condizioni lo rendano possibile. Nel frattempo viene di nuovo utilizzata nei mesi estivi per attività di animazione ed iniziative ricreative a favore dei ragazzi.
Curioso destino di questo ampio edificio è stato il continuo cambiamento di denominazione a seconda della destinazione. Osservando la cospicua documentazione fotografica che siamo riusciti a raccogliere grazie alla disponibilità di alcuni collezionisti, possiamo ricostruire il succedersi delle varie denominazioni.
In occasione dell’inaugurazione fu battezzata “Colonia dei Balilla di Genova `Benito Mussolini”, ma contemporaneamente cominciò a essere chiamata genericamente Colonia Genovese, poi in rapida sequenza, durante il periodo fascista, fu di volta in volta intitolata: “Colonia Alpina XXI Aprile”, “Colonia Alpina Benito Mussolini”, “Tendopoli Benito Mussolini”, “Colonia Ansaldo”. Dopo la guerra si alternarono altri nomi: “Colonia climatica di Genova”, “Colonia Alpina”, e infine ancora “Colonia Genovese”, nome con la quale è nota anche oggi.

Le colonie bergamasca e genovese come sono oggi (foto di Enrico Grisanti)

Translate »