Arrivano 22 ebrei da tutto il mondo in visita a Sciesopoli

(Da L’Eco di Bergamo di Sabato 18 Agosto 2007)

A un anno di distanza Selvino ospiterà di nuovo un gruppo di famiglie di ebrei, provenienti da tutto il mondo.
«Altri ebrei hanno letto la cronaca della prima visita, anche a Boston – spiega il vicesindaco di Ubiale Clanezzo, Alberto Molgorani, legato a Israele per via delle origini della moglie e principale organizzatore dell’evento –: ci hanno chiesto di poter visitare Sciesopoli, la struttura che funzionava da colonia, per un periodo di riabilitazione al termine della Seconda guerra mondiale».
Lunedì sono attese sull’Altopiano 22 persone: arriveranno alle 9,30 per festeggiare il capostipite Abraham Fein.
La comitiva riunirà persone di tre generazioni, provenienti oltre che da Israele anche da Boston e Parigi.
Alle 10 l’incontro con il sindaco, poi la visita a Sciesopoli. Il gruppo visiterà in seguito anche San Pellegrino Terme e Bergamo.


Grazie Selvino, la prima casa dopo i lager

Accolti nel ’46, sono tornati «Qui ricominciò la nostra vita»
(Da L’Eco di Bergamo di Mercoledì 22 Agosto 2007, scritto da S. Gh.)

Mamma o papà, o entrambi, erano morti nei forni crematori dei lager di mezza Europa, e loro erano rimasti soli al mondo. La vita salva dopo estenuanti marce in fuga dalla morte, negli occhi le immagini di orrori inenarrabili, raccolti da ebrei più grandi, sopravvissuti alla Shoah, che hanno cercato per loro un rifugio prima di condurli nella Terra promessa.
Era il 1946. Ottocento di quei bambini finirono a Selvino, dove i comitati antifascisti di Milano e il sindaco dell’Altopiano Emilio Grigis, detto «Moca», si accordarono con il via libera del prefetto di allora per mettere a disposizione l’ex colonia fascista di Sciesopoli. Lì i piccoli ebrei rimasero per due anni, in attesa di tornare in Israele. Ci arrivarono dopo mesi di traversie, imbarcandosi clandestinamente a Genova per poi restare tre mesi davanti ai porti della loro terra, in attesa del permesso per sbarcare.
Oggi due di loro, ormai nonni, sono tornati nei luoghi e tra la gente che, a Selvino, li avevano accolti 60 anni fa, accuditi, salvati non più dalla fame, ma dalla memoria, dai ricordi i Dacau, Auschwitz e Mathausen. Ed è stato un incontro dove alle lacrime si è mischiata la gioia, un fiume di ricordi e, finalmente, la pace.
Abraham Fine, 76 anni, e Joshua Dembinski, 79 anni, erano due di quei «Bambini di Selvino», come loro stessi si sono definiti, e come li ha chiamati Aharon Megged nel suo libro «Il viaggio verso la Terra promessa», che raccoglie i ricordi dei piccoli e del loro principale educatore, il direttore della casa di Selvino Moshè Ze’Iri.
Uno ebreo di Lituania, l’altro di Polonia, scampati ai lager si sono conosciuti a Selvino, e da allora sono sempre stati amici, uniti da un filo di indelebili memorie. Con i due capostipiti, che vivono nei dintorni di Tel Aviv, sono arrivati a Selvino complessivamente 23 parenti, da Israele, ma anche da Parigi e da Boston, negli Stati Uniti, dove le due famiglie sono disseminate. Accompagnati in municipio dalla guida turistica Elena Gamba, di Brembilla, hanno ammirato la mostra di dipinti sulla Prima guerra mondiale di Italico Brass, e sono stati accolti dal sindaco Carmelo Ghilardi e dagli assessori al Turismo e alla Cultura Angelo Bertocchi e Maria Cortinovis. C’erano anche Giulio Tiraboschi e la moglie Angela Camozzi, che all’epoca del soggiorno degli ebrei è stata la maestra dei «Bambini di Selvino».
«Siamo molto grati per l’accoglienza che ci avete riservato – ha detto Abraham –, ma soprattutto per l’accoglienza di quei tempi ormai lontani, un’accoglienza calorosa che doveva servire a noi bambini per dimenticare gli orrori del nazismo e l’esperienza nei campi di concentramento. È stato grazie a voi, grazie al calore della vostra ospitalità che abbiamo recuperato fiducia nella vita».
«È la prima volta che facciamo ritorno alla colonia di Sciesopoli – ha raccontato Joshua –, era da molto tempo che volevamo farlo e ogni anno si continuava a rimandare». «Nel 2001 – ha ricordato Sarah, nuora di Joshua Dembinski –, le nostre famiglie sono tornate nei luoghi d’origine, i Fine in Lituania e i Dembinski in Polonia. Però poi abbiamo saputo che era possibile tornare a visitare anche Selvino, e Sciesopoli in particolare, così ci siamo organizzati per un viaggio al completo con tutti i familiari, ed eccoci qui. Joshua ha anche scritto un’autobiografia dove racconta tutti i particolari di quegli anni, e quindi anche del periodo trascorso a Selvino».
Poi il gruppo si è accomodato sul trenino turistico per il clou dell’evento: la tanto attesa visita alla colonia di Sciesopoli, ormai fatiscente. «Questa enorme struttura – ha raccontato ancora Abraham – ha accolto tantissimi bambini. C’era sempre molto da fare: davamo una mano con le pulizie, si studiava e si praticavano attività sportive. È stato qui, tra queste mura, che abbiamo sognato il ritorno in Israele, è stato qui che abbiamo recuperato la speranza e la fiducia nella vita, ed è stato grazie a Selvino se ora siamo tutti vivi e siamo potuti tornare per mostrare questi luoghi di serenità alle due generazioni che ci hanno seguito, ai nostri figli e nipoti: è dal 1947 che ripetevo loro che saremmo venuti in visita. Ora il momento è arrivato e, infatti, siamo a Sciesopoli».
Il trenino si è fermato proprio davanti al cancello d’ingresso dell’ex colonia, ora abitata solo dalla custode: adulti e ragazzi sono scesi e sono entrati nel parco, hanno salito le scale di ingresso e visitato l’atrio. Abraham e Joshua hanno ammirato dall’esterno il complesso, ricordando il passato ai nipoti e raccontando il loro soggiorno lì. Il tempo per una foto ricordo e una canzone. Poi un pallone da calcio trovato nel parco ha catturato l’attenzione dei giovani Fine e Dembinski. E a Sciesopoli sono tornate a vibrare le voci dei nuovi «Bambini di Selvino».
(S. Gh.)


Amarcord nella colonia dei bimbi ebrei

BERGAMO – Un tuffo al cuore. E le lacrime sono sgorgate spontanee. Quando hanno rivisto, sessant’ anni dopo, l’ ormai decrepita colonia di Selvino (nota come «Sciesopoli»), voluta da Benito Mussolini in persona, Abraham Fein e Joshua Dembinski si sono commossi.

Qui, con altri 800 bambini di origine ebraica rastrellati da mani amiche in tutta Europa durante la seconda guerra mondiale per sottrarli allo sterminio nazista, trovò la prima accoglienza amica dopo mesi e mesi di privazioni, di fuga disperata. Trascorsero sull’ altopiano due anni. E l’ affetto della gente bergamasca è rimasto loro impresso nel cuore. E a distanza di tanto tempo hanno voluto ritornare.
Sono arrivati da Israele con le loro famiglie. Il sindaco Carmelo Ghilardi ha sottolineato: «Spero con tutto il cuore che in quella casa (la colonia, ndr), che la nostra gente mise a disposizione in maniera semplice ma tanto generosa, voi e gli altri bambini, abbiate trovato un luogo dove si potesse respirare ancora voglia di vivere e di fare, la speranza nel futuro e la fiducia nel prossimo».

Dopo il ricevimento in municipio, Fein e Dembinski hanno voluto tornare proprio in quel luogo così importante per la loro vita. Per rinnovare un legame che né il tempo né la lontananza sono riusciti a spezzare.

Cesare Zapperi
(23 agosto 2007, dal Corriere della Sera)

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